La Carmagnole e l’albero della libertà

La Carmagnole, canto  della Rivoluzione francese e anche Danza del Maggio, l’albero della Libertà.
Probabilmente la forma musicale è precedente al canto e alcuni ipotizzano che la melodia, unitamente alla danza, provenisse originariamente dal Piemonte e per l’esattezza dalla città di Carmagnola (vicino a Torino).

Il primo albero della Libertà

Il primo albero della libertà venne piantato a Parigi nel 1790, ne seguirono molti altri in Francia e in Italia  e nei vari paesi fin dove arrivò la rivoluzione francese; di solito erano piantati  nella piazza principale della città: si trattava di un pioppo (il latino “populus” nel duplice  significato di popolo) o di una quercia, ma più spesso di un palo coronato dal berretto frigio rosso e decorato con nastri e bandiere, utilizzato per le cerimonie civili e i festeggiamenti. Anche il berretto frigio[1] era un simbolo rivoluzionario: era il cappello che nell’antica  Roma veniva dato dai padroni agli schiavi liberati.

L’albero era l’emblema della libertà repubblicana ma anche della rivoluzione sociale e al posto del berretto si finì per issare la bandiera rossa.

albero della libertà e Carmagnole
Jean-Baptiste Lesueur (1749-1826)

Ancora nei secoli successivi e in particolare tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, vennero occasionalmente piantati alberi della libertà per festeggiare conquiste repubblicane o sociali.

Se in una piazza di paese collocato in posizione centrale sopravvive un albero secolare probabilmente fu piantato ai tempi della rivoluzione francese!

l’albero del Maggio a Porchia (Ascoli Piceno)

Così ad esempio in Italia in molti comuni del Piceno (Marche) l’albero sormontato da un drappo rosso veniva issato negli anni 50-60 come simbolo del movimento socialista e delle lotte agrarie, per festeggiare la giornata dei lavoratori. Ancora oggi a Porchia si ripete la tradizione e l’albero di trenta metri, rigorosamente un pioppo, viene portato in un punto ben preciso della Piazza del paese, lo stesso da più di settant’anni.

LA POLITICA DELL’ALBERO

albero-libertà-danza

L’albero divenne per i giacobiti, l’allegoria della libertà, un gesto rivoluzionario ma nello stesso tempo ancorato al popolo e ai suoi rituali agrari del Calendimaggio, l’albero era l’aperta sfida verso i privilegi della classe dominante (ancora feudale) e la rivendicazione contadina alla terra.
I primi alberi innalzati nell’inverno del 1790 dai contadini del sud-ovest della Francia furono i “mais insurrectionnaires“, il simbolo della rivolta, e successivamente “l’albero della libertà ebbe un ruolo centrale nelle manifestazioni di giubilo che salutarono l’abbattimento della monarchia di luglio (tanto a Parigi quanto nelle altre province francesi) riemergendo in corrispondenza del riaccendersi delle speranze per la nascita di un nuovo ordine che imprimessero al recupero di questo simbolo un carattere fortemente egualitario e popolare” (Gianluca Vagnarelli)

L’albero fu “istituzionalizzato” e diventò l’emblema del nuovo potere politico per passare poi nella tradizione socialista di fine Ottocento: “Rispetto alle originarie istanze sovvertitrici questo marchio assume, con le leggi che ne codificano la liturgia, un significato ufficiale e istituzionale. E’ questo il primo elemento di dissomiglianza rispetto all’albero del primo di maggio che verrà adottato dalla tradizione socialista che, per quanto inserito nel contesto di una celebrazione destinata ad affermarsi in molti paesi, non assumerà mai il valore di un rituale legalmente formalizzato” (Gianluca Vagnarelli)[2].

La carmagnola dei lavoratori

Probabilmente la forma musicale è  precedente al canto e alcuni ipotizzano che la melodia, unitamente  alla danza, provenisse da Marsiglia, e forse originariamente dal Piemonte, per l’esattezza dalla città di Carmagnola (vicino a Torino).
Carmagnola sotto il dominio dei Marchesi di Saluzzo, era  la principale produttrice di canapa nonchè il più importante mercato della penisola italiana! Era di canapa l’abbigliamento degli operai stagionali  settecenteschi che da San Bernardo di Carmagnola si spostavano al porto di Marsiglia per fabbricare corde. continua
Così la canzone prese il nome dalla tipica giacca dei lavoratori, detta la carmagnola[3].

La Carmagnole

La Carmagnole iniziò a circolare nel 1792 e ben presto divenne l’inno dei Sanculotti

 I
Madam’ Véto(1) avait promis
[Madam’ Véto avait promis]
De faire égorger tout Paris
[De faire égorger tout Paris]
Mais le coup a manqué
Grâce à nos canonniers
Refrain
Dansons la carmagnole
Vive le son vive le son !
Dansons la carmagnole
Vive le son du canon(2) !

II
Monsieur Véto(1) avait promis
D’être fidèle à son pays
Mais il a manqué
Ne faisons plus quartier
III
Antoinette avait résolu
De nous faire tomber sur le cul
Mais son coup a manqué,
Elle a le nez cassé
IV
Son mari se croyant vainqueur
Connaissait peu notre valeur
Va, Louis, gros paour,
Du temple dans la tour
V
Les Suisses(3) avaient promis
Qu’ils feraient feu sur nos amis
Mais comme ils ont sauté
Comme ils ont tous dansé
VI
Quand Antoinette vit la tour
Elle voulut faire demi-tour
Elle avait mal au cœur
De se voir sans honneur
VII
Lorsque Louis vit fossoyer
À ceux qu’il voyait travailler
Il disait que pour peu
Il était dans ce lieu
VIII
Le patriote a pour amis
Toutes les bonnes gens du pays
Mais ils se soutiendront
Tous au son du canon
IX
L’aristocrate a pour amis
Tous les royalistes à Paris
Ils vous les soutiendront
Tout comme de vrais poltrons
X
La gendarmerie avait promis
Qu’elle soutiendrait la patrie
Mais ils n’ont pas manqué
Au son du canonnier
XI
Amis, restons toujours unis
Ne craignons pas nos ennemis
S’ils viennent nous attaquer,
Nous les ferons sauter
XII
Oui, je suis sans-culotte(4), moi
En dépit des amis du roi
Vivent les Marseillais
Les Bretons et nos lois
XIII
Oui, nous nous souviendrons toujours
Des sans-culottes des faubourg
À leur santé, nous buvons,
Vivent ces francs lurons

Ogeret Marc
Milva

I
Madame Veto aveva promesso
Madame Veto aveva promesso
di far sgozzare tutta Parigi
di far sgozzare tutta Parigi
Ma le è andata male
grazie ai nostri artiglieri
Ritornello
Balliamo la carmagnola
viva il suono, viva il suono
balliamo la carmagnola
viva il suono del cannone!

II
Monsieur Veto aveva promesso
di essere fedele al suo paese
ma ha mancato
dobbiamo essere senza pietà
III
Antonietta aveva deciso
di farci cadere sul sedere
ma le è andata male
e si è rotta il naso
IV
Suo marito che si credeva vincitore
conosceva poco il nostro valore
va, Luigi, grande pauroso
dal tempio alla torre.
V
Gli Svizzeri avevano promesso
che avrebbero sparato sui nostri amici
ma come hanno saltato!
come hanno danzato tutti!
VI
Quando Antonietta vide la torre,
volle tornare indietro,
aveva la nausea
a vedersi senza onore.
VII
Quando Luigi vide scavare la fossa
a coloro che vedeva lavorare,
egli diceva che per poco
sarebbe stato in quel luogo
VIII
Il patriota ha per amici
tutte le brave persone del paese,
ma essi si sosterranno
tutti al suono del cannone.
IX
L’aristocratico ha per amici
tutti i monarchici a Parigi
Essi li sosterranno
come dei veri codardi
X
La gendarmeria aveva promesso
che avrebbe sostenuto la patria
ma essi non sono mancati
al suono del cannoniere
XI
amici, restiamo sempre uniti
non temiamo i nostri nemici
se vengono ad attaccarci,
noi li faremo saltare
XII
Si, io sono un sanculotto, io
a dispetto degli amici del re
Viva i Marsigliesi
i Bretoni e le nostre leggi
XIII
Si, noi ci ricorderemo sempre
dei sanculotti dei sobborghi,
alla loro salute, noi beviamo,
Viva questi franchi gagliardi.

NOTE
traduzione italiana un tempo ospitata in http://www.guerrasullealpi.com/canzoni-di-guerra/la-carmagnola/
(1) Luigi XVI e Maria Antonietta vengono  indicati con i soprannomi di Monsieur Véto e Madam’ Véto, per l’abuso del veto a danno dell’Assemblea Costituente.
(2) sono i cannoni della Presa delle Tuileries, il 10 agosto 1792: i parigini guidati dai giacobini insorgono per la seconda volta in pochi mesi, invadendo le Tuileries; il 22 settembre 1792 venne proclamata la Repubblica.
(3) i Cento Svizzeri della Guardia Reale sono stati massacrati o dispersi dai  Rivoluzionari durante la presa del Palazzo delle Tuileries.  Una parte dei soldati era stata corrotta ed era passata con i Rivoluzionari
(4) “senza culottes” ovvero i braghettoni  al ginocchio che erano ancora indossati dai nobili francesi: i nuovi intellettuali e borghesi portavano invece i pantaloni!

La Carmagnole ebbe un successo clamoroso, era cantata non solo in Francia ma anche dalle truppe napoleoniche in marcia per tutti i territori “liberati” (nonostante Napoleone la proibisse appena salito al potere – 1799). A Napoli i seguaci dei Borboni scrissero un canto dei sanfedisti[3] come risposta polemica alla Carmagnola.

Del resto il testo stesso della “Carmagnole” fu modificato a seconda delle circostanze  ad esempio la Carmagnole de la prise de Toulon (1793) canta
Tant d’fier-à-bras qu’en sav’ si long (bis)
Ont d’la pele au cu d’vant Toulon (bis)
V’là donc tous ces fendans
Dehors quand j’somm’ dedans.
Chantant la carmagnole
Dansant au son (bis)
Du canon.
Si les Anglais vant’ leur valeur
La nôtre on l’voit vaut ben la leur
Faut ben qu’la trahison
Tremble d’vant la raison
Qui chant’ la carmagnole
Et danse au son (bis)
Du canon.

e la versione splatter di La Carmagnole de Fouquier-Tinville dice:
Fouquier-Tinville avait promis (bis)
De guillotiner tout Paris (bis)
Mais il en a menti
Car il est raccourci.
Vive la guillotine !
Pour ces bourreaux
Vils fléaux !
Sans acte d’accusation (bis)
Avec précipitation (bis)
Il fit verser le sang
De plus d’un innocent.

Alla fine lo stesso Bonaparte la vietò, ma il popolo continuò ad amare sia la canzone, la musica che la danza della Carmagnola! Infatti è proprio la continua rielaborazione del testo che si adatta al susseguirsi (o al precipitare) degli eventi per restare nel cuore del popolo

La Danza della Carmagnola

Si danzava attorno all’albero della libertà alternandosi tra maschi e femmine e presumibilmente durante la danza si intrecciavano i nastri intorno al palo oppure poteva trattarsi di una farandola, una delle più antiche danze che in epoca medievale era diventata anche la danza della nobiltà. E’ la Francia (e in particolare la Provenza) ad aver mantenuto la farandola come danza per eccellenza della festa popolare.

carmagnole-93c06

Queste sono le indicazioni per la danza riportate in Wikipedia
Prima strofa: GIROTONDO mani unite 2 passi laterali a sx e 2 saltelli sul posto 1 passo laterale a dx e 2 saltelli sul posto 2 passi laterali a sx e 2 saltelli sul posto 1 passo laterale a dx e 2 saltelli sul posto
Seconda strofa: AVANTI E INDIETRO quattro passi in avanti prendere il nastro quattro passi indietro
Strofe seguenti: come prima strofa
RITORNELLO: INTRECCIO Gli uomini si spostano di due posizioni verso destra e le donne di due posizioni verso sinistra, ricordando che gli uomini fanno passare sotto il proprio nastro la donna alla destra e passano invece sotto il nastro della donna successiva. All’ultima strofa i partecipanti convergono al centro per rilasciare i nastri e tornano a formare un cerchio largo tenendosi per mano.

D’altra parte nel territorio delle Quattro Province la danza è ancora ricordata da qualche anziano (zona Val Borbera) Ecco la testimonianza raccolta da Francesco Guerrini: «Ero un bambino quando la vedevo ballare, erano in sei, quattro donne e due uomini, si mettevano su due file di fronte, in ogni fila c’era un uomo che teneva le mani delle due ballerine di fianco a lui; all’inizio andavano avanti e indietro e poi nei balletti gli uomini facevano passare le ballerine una dopo l’altra sotto le braccia alzate senza mai staccare le mani».[5] Così come descritta sembra più una danza di fila, un misto di giga a due e perigordino.

Una proposta di ricostruzione (Yvonne Vart et Alain Riou) ci viene dalla compagnia francese Réverences

[1] (approfondimento Saturnalia)
[2] Si rimanda all’ottima trattazione di Gianluca Vagnarelli per l’approfondimento.
Gianluca Vagnarelli “Dall’albero della libertà all’albero del primo maggio: origine e simbolismo rivoluzionario di un rito laico” in “L’albero del maggio. Memoria e simbolismo politico di un rito laico” Edizioni ISML, Ascoli Piceno, 2012 pp 91-101
[3]  la canzone di guerra dei Sanfedisti, ma nata nel popolo adattando il testo della Ballata “La Carmagnole” cantata dai soldati francesi. È nata, forse, dalla fantasia di qualche cantastorie ed adottata dal popolo che non ha mai appoggiato la Repubblica Partenopea
http://www.ilportaledelsud.org/carmagnola.htm
[4] http://www.palaisgalliera.paris.fr/fr/oeuvre/veste-dite-carmagnole
[5] http://www.appennino4p.it/danze

(Cattia Salto aprile 2014, integrazione settembre 2014 -giugno 2015 -revisionato in data 24 marzo 2023)


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Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

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