L’album “From the Ends of the Earth” di Dougie MacLean distribuito nel 2001, contiene 12 tracce live dal “The Celtic Connections Festival”( Glasgow 1998 ) -tracce da 1 a 6 e dal “The Port Fairy Folk Festival” (Australia 2000) tracce da 7 a 12: solo con la sua voce e chitarra ( a cui aggiunge l’armonica a bocca nella traccia 8 ) proprio come i cantanti folk degli anni 60/70, lo sentiamo nella sua “scottishness” interagire con il pubblico da abile performer riuscendo anche a farlo cantare con lui!
Il titolo “From the Ends of the Earth” in italiano “Dalla Fine della Terra” è un riferimento esplicito alla Scozia.
Ci troviamo Green Grow the Rashes (traccia 6), Ready for the Storm (traccia 7) e Caledonia (traccia 11) già recensite nel Blog Terre Celtiche, la popolarissima “This love will carry” e qui aggiungo “Talking with my Father”(traccia 9)
La segnalazione arriva da Roberto Caselli che mi scrive dalla pagina Terre celtiche su FB: ” Per me un vero Bardo. Sono contento che qualcuno parli di Dougie perché è un vero e puro musicista legato alla storia e alle sue radici” e ci allega la versione in studio.
La canzone viene infatti pubblicata nell’album “Who am I” del 2001 questa volta con l’arrangiamento musicale, si sentono fraseggi di violoncello (Kevin McCrae), un lieve accenno di cornamusa (Graham Mulholland) sul riff delle chitarre e una base di percussioni soft/ tastiere in cui ci ha messo lo zampino Jamie MacLean (il figlio di Dougie)
I I’m talking with my father, he’s talking with his son And I don’t need to look any further for the one I have become He says listen to that curlew (1) that’s a sound I love to hear It’s a strange reflection (2) that we look through oh that finally finds us here CHORUS In this place where life’s heart thunders In this place where time holds still In this place of harmony and wonder And values not of gold fulfill II I’m walking with my father, across these gentle Perthshire hills It’s timeless mysteries that we gather that make the memories that we fill He says don’t fix what is not broke, no need to find what’s not been lost It’s a heavy gate we have to open an endless field we have to cross III There will always be the brave one there’ll be the one who turns away With all too many things left undone oh and so much left to say I’m talking with my father, he’s talking with his son I don’t need to look any further for the one I have become |
tradotto da Cattia Salto I Parlo com mio padre e lui parla con suo figlio e non ho bisogno di andare oltre per (vedere) quello che sono diventato dice “Ascolta il chiurlo è quello il suono che amo sentire” E’ uno strano riflesso che sbirciamo oh che finalmente ci trova qui CORO In questo posto dove il cuore della vita rimbomba in questo posto dove il tempo ancora ci appartiene in questo posto di armonia e meraviglia e di valori non veniali che appagano II Cammino con mio padre per le dolci colline del Perthshire sono i misteri eterni che cogliamo che fanno i ricordi che ci riempiono Dice “Non aggiustare quello che non è rotto, non c’è bisogno di trovare quello che non si è perso. E’ un cancello pesante che dobbiamo aprire, un campo senza fine che dobbiamo attraversare.” III “Ci sarà sempre il coraggioso e ci sarà sempre quello che si allontana con tutte le troppe cose lasciare da fare e oh così tante cose lasciate da dire” Parlo con mio padre e lui parla con suo figlio e non ho bisogno di andare oltre per (vedere) quello che sono diventato |
NOTE
1) Tradisce la sua presenza con un fischio liquido molto sonoro, udibile a oltre un chilometro di distanza (una sorta di “cur-li”, da cui il nome onomatopeico). Il canto è molto vario e melodioso, descrivibile come una ripetuta frequenza di frasi gorgogliate (un crescente “curlì”) con note flautate e trilli, che accelerano in crescendo. (tratto da qui)
2) reflection traduce il termine riflesso come un’immagine riflessa nello specchio, sono padre e figlio che si rispecchiano uno nell’altro