Donna lombarda: una murder ballad piemontese

Donna Lombarda (Dona Bianca) è forse la più famosa delle ballate italiane, diffusa anche in Francia e Canada francese (Quebec). La ballata tramandata fino ai giorni nostri attraverso un’infinità di varianti regionali narra la storia di una giovane moglie istigata dall’amante ad avvelenare il marito e di un neonato che miracolosamente comincia a parlare per rivelare l’intrigo. Una tipica murder ballad di area celtica con tanto di evento soprannaturale!

Read the post in English

La regina Rosamunda

Costantino Nigra (#1) ritiene che la ballata Donna Lombarda sia originaria del Piemonte e, secondo la convinzione del tempo che le ballate popolari antiche riportassero i fatti di cronaca risalenti al Medioevo, identifica la donna nella regina dei LongobardiRosmunda.

Donna Lombarda: il veleno -ballata piemontese

Ecco la leggenda, come dalla cronaca riportata anche da Paolo Diacono nella Historia Longobardorum: la figlia dei re dei Gepidi (l’antica Pannonia) presa in sposa dai re dei Longobardi Alboino come “trofeo di guerra” organizzò la congiura che uccise il marito nel 572 per favorire il suo amante Elmichi. Tuttavia il tentativo di usurpazione non ebbe successo e Rosmunda e Elmichi fuggirono a Ravenna (insieme a parte del tesoro longobardo).
A Ravenna si sposarono, ma la bella Rosmunda non aveva perso il vizietto dell’infedeltà. Così poco dopo tentò di uccidere il secondo marito con il classico sistema tanto reclamizzato nelle ballate: il cibo avvelenato!
Elmichi si accorse del veleno mentre beveva dalla coppa e costrinse Rosmunda a bere minacciandola con la spada.
I due morirono così uccisi dalla stessa pozione!

LA BALLATA: DONNA LOMBARDA

Che Donna Lombarda sia così antica, ossia risalga alle soglie del Medioevo è opinabile, è incontestabile invece la sua diffusione in area popolare dal Nord al Sud dell’Italia. Le versioni testuali e melodiche mutano e i testi sono adattati ai vari dialetti o resi in un italiano per così dire “popolare”, raccolte e classificate qui solo in piccola parte.

La versione canavesana: O Maria, bela Maria

“O Marìa, bela Marìa pijèrmi mi!”
“Come mai veuli ch’a fassa con doi marì?”
“O Marìa, bela Marìa felo murì!”
“Come mai veuli ch’a fassa felo murì felo murì?”
“Ëndé ‘nt l’òrt dël vòstër pàdar, j’é ‘n sërpentin
o pijelo (e) ciapisselo fé dël bon vin”.
Vnirà a ca vòstr marì d’an campagna
con tanta sèj.
“O Marìa, bela Marìa j’heu tanta sèj”
“Ëndé ’d là ‘nti la credensa, j’é l’amolin,
beli pin ’d vin”.
“O Marìa, bela Marìa acsì torbolà (1)”.
“A l’é ‘l vin de l’àutra sèira ch’ j’oma vansà”.

Fantolin dinta na cun-a a l’ha ben parlà:
“O padre, del mio padre bivilo nen, ch’a murirèj!
O madre, de la mia madre, bivilo voi!”
“Come mai veuli ch’a fassa, mi j’heu nen sèj”.
“Con la ponta dla mia spadin-a lo bivirèj”.
A l’ha cominsà bèivni na gossa cambia color,
A l’ha buini in’àutra gossa, “m’arcmand a voi
m’arcmand a voi!”

“O Maria, bella Maria scegli me”
“Come mai vuoi che faccia con due mariti?”
“O Maria, bella Maria fatelo morire!”
“Come mai vuoi che faccia a farlo morire?”
“Andate nell’orto di vostro padre, c’è un serpentino
Prendetelo, calpestatelo e fate del buon vino”
Verrà a casa vostro marito dalla campagna
con tanta sete
“O Maria, bella Maria ho tanta sete”
“Andate di là nella credenza c’é la brocca
piena di vino”
“O Maria, bella Maria così rovinato”
“E’ il vino dell’altra sera che abbiamo avanzato”

Fanciullino dentro alla culla ha detto bene
“O padre, del mio padre non bevetelo che morirete
O madre, della mia madre bevetelo voi”
“Come mai vuoi che faccia, io non ho sete”
“Con la punta della mia spadina lo berrete”
Inizia a berne una goccia cambia colore
Ne beve un’altra goccia “mi raccomando a voi,
mi raccomando a voi”

NOTE Traduzione italiana Marco Soria
(1) credo si riferisca al colore torbido del vino, come di andato a male

Dalla ricerca sul campo dell’etnomusicologo Amerigo Vigliermo (presidente del CEC Centro Etnologico Canavesano a Bajo Dora) che ha recentemente passato il testimone -per sopraggiunti limiti d’età- a Rinaldo Doro.
Secondo la classificazione di Roberto Leydi in Cantè Bergera si distinguono quattro tipi di incipit alla Donna Lombarda. Il primo, più antico inizia con la richiesta del seduttore, proprio come nella lezione canavesana O Maria, bela Maria.

Amemanera

In stile streghe di Eastwitch ecco la versione di questo gruppo francese -che canta in piemontese- seguendo proprio il testo canavesano
Les Marie-Jeanne (direttrice Florence Cramoisan) al contrabbasso Didier Courret

Dona Bianca

Il nome con cui viene identificata la nostra protagonista in Piemonte è prevalentemente Dona Bianca (cioè Signora Bianca essendo Bianca un nome proprio) e come areala geografico si ritrova più frequentemente nel Canavese, nella Collina Torinese e nell’Astigiano.

La versione Dona Bianca è ridotta all’osso limitata ai dialoghi tra i protagonisti della storia: la moglie infedele, l’amante, il marito e il bambino prodigio (perchè parla dalla culla pur essendo neonato). Eppure in poche parole si delinea un antico contesto nobiliare: il marito ritorna dalla caccia, passatempo preferito dagli aristocratici, il giardino dove trovare il serpentello è di un nobiluomo, lo stesso nome della donna diventato Madonna Bianca, nell’accezione medievale del termine “Signora” moglie di un “domine”.


O vòstu v’tti o dona Bianca
o vòstu v’nial ballo (1) cun mi
O si si si che mi a v ‘niria
ma j’o paura del me mari
Va n ‘tei giardino del mio galante (2)
la ié la testa dal serpentin.
E ti t lu pie t lo piste in póer
e poi t’iu bute hit’un bicier ad vin
E so mari veti cà d’la cassa
o dona Bianca jo tanta sei
Ma va di là ‘nt’ la botejera
la jé un bicier dal vin pi bum
El cit enfant l’era ant’la cuna
papa papa beiv pò lulì
che la mamina vói fete muri
O beivlu ti o dona Bianca
se no t’lu fas beive a fil da spà
O si si si che mi lo bevria
ma jó paura d’ie mie masnà (3)
Traduzione italiana Cattia Salto
Vuoi venire Madama Bianca,
vuoi venire al ballo con me?
O si si che io verrei
ma temo mio marito
Va nel giardino del mio galante
là c’è la testa di un serpentello
e tu la prendi e la riduci in polvere
e poi la metti in un bicchiere di vino
E il marito viene a casa dalla caccia
O Madama Bianca ho tanta sete
Ma va di là nella cantina
c’è un bicchiere del vino più buono
Il piccolo neonato che era nella culla
Papà, papà non berlo
perchè la mamma vuol farti morire
Bevilo tu o Madama Bianca
altrimenti ti costringo a berlo a fil di spada
O si si che lo berrei,
ma temo per i miei bambini

NOTE
1) E’ il secondo filone degli incipit cioò l’invito ad andare al ballo o a spasso con il seduttore.
2) galante sta per gentiluomo, un nobile cortigiano; in altre versioni il giardino è della madre o del padre della donna
3) la donna cerca di sfuggire alla morte invocando il suo ruolo di madre. La ballata però non è completa, possiamo solo immaginare che la donna, costretta con la spada a bere dal calice, muoia avvelenata!

La Lionetta (il brano compare in diverse registrazioni del gruppo, la prima è nell’Album “Danze e Ballate dell’Area Celtica Italiana” Shirak, 1978) La versione viene da Asti dove é stata raccolta da Roberto Leydi e Franco Coggiola. Si confronti con l'”originale” la testimonianza raccolta sul campo dal Laydi dalla voce della cantora astigiana Teresa Viarengo

La Lionetta Dona Bianca
Teresa Viarengo

il titolo assegnato alla ballata è Donna Lombarda, ma la protagonista viene chiamata nel testo Dona Bianca

In questa versione proveniente dalla terra delle Quattro Province il contesto è più prosaico e popolare invece dell’invito al ballo di corte l’uomo chiede alla Donna Lombarda di fare sesso; così il marito è di ritorno dal lavoro nei campi. Il finale è però più completo, sia nella descrizione della morte della donna per avvelenamento, che nella frase moraleggiante di chiusura.


Dona lombarda dona lombarda
fuma a l’amur fuma a l’amur
Mi no mi no o sciur cavaliere
che mi ‘l marito gh’i l’ò giamò
Là int’al giardino del mio bèl padre
si gh’è la testa dal serpentìn
la ciaparemo la pistaremo
fum ‘na butiglia dal noster bon vin
A vegn a cà ‘l sò marì d’in campagna
dona lombarda g’ò tanta set
O guarda lì int’la cardensola
gh’è una butiglia dal noster bon vin
L’è salta sù ‘l fantulìn de la cüna
bevalo nein bevalo nein
Cosa vuol dire dona lombarda
al noster bon vin l’è un po’ tulberì
Sarà la pulvara d’la cardensola
cà la fà ‘gnì un po’ tulberì
Dona lombarda dona lombarda
al noster bon vin t’la bévare ti
La prima guta che lu ‘l g’a dato
le la cumìncia a cambià i culur
secunda guta che la beviva
in tèra morta sì l’è cascà
Dona lombarda dona lombarda
arrivederci in paradìs
tà s’ta scardiva de fag’la ai alter
e ta t’le fada di ‘m bèla per tì
(traduzione italiana da qui)
“Donna Lombarda, Donna Lombarda
facciamo all’amore, facciamo all’amore.”
“Io no, io no, signor cavaliere
che io il marito ce l’ho già.”
“Là nel giardino del mio bel padre
c’è la testa di un bel serpentin.
La prenderemo, la pesteremo
in una bottiglia del nostro buon vino.”
Viene a casa suo marito dai campi
“Donna Lombarda, ho tanta sete”
“Oh, guarda lì nella credenza
c’è una bottiglia del nostro buon vino”
E’ saltato su il bambino dalla culla:
“Non berlo, non berlo!”
“Cosa vuol dire, Donna Lombarda,
che il nostro buon vino è un po’ torbido?”
“Sarà la polvere della credenza
che lo fa diventare un po’ torbido”
“Donna Lombarda, Donna Lombarda
il nostro buon vino bevitelo tu!”
Alla prima goccia che lui le diede
lei iniziò a cambiare colore.
Alla seconda goccia che lei bevve
cadde in terra, morta.
“Donna Lombarda, Donna Lombarda
arrivederci in Paradiso!
Credevi di farla agli altri
e te la sei fatta da sola.”
Barabàn in Baraban 1994, Donna Lombarda raccolta sul campo dalla voce di Angelina Papa (1908), mondina di Sannazzaro de’ Burgondi (Pavia)
Davide Bortolai in Ballate Lombarde 2007 (un rifacimento molto simile alla versione francese dei Malicorne)

La versione proveniente da Venezia è diventata una specie di versione “standard” sovra-regionale così da Giovanna Daffini si passa (sempre nel contesto della canzone di protesta) ai romani Francesco De Gregori & Giovanna Marini, e al cantautore e polistrumentista Fabrizio Poggi originario di Voghera che dopo un esordio nel folk americano con i Chicken Mambo si è dedicato al mondo del folklore lombardo e più particolarmente della provincia di Pavia

Giovanna Iris Daffini detta “la Callas dei Poveri” nella rielaborazione testuale di Gualtiero Bertelli (fondatore del Canzoniere Popolare Veneto)
Fabrizio Poggi & Turututela in Canzoni popolari 2002
Aggiungo ancora una versione in veneto su segnalazione di Flavio Poltronieri:
Mia Martini & Sergio Endrigo
Francesco De Gregori & Giovanna Marini in “Il fischio del vapore” – 2002 resa alla maniera di Giovanna Daffini

Le tre versioni testuali sono abbastanza simili, si riporta quella di Gualtiero Bertelli

Donna Lombarda

“Amami me che sono re non posso amarti tengo marì”
“Tuo marito fallo morire, t’insegnerò come devi far
Vai nell’orto del tuo buon padre
taglia la testa di un serpentin
Prima la tagli e poi la schiacci
e poi la metti dentro nel vin”
Ritorna a casa il marì dai campi
” Donna Lombarda oh che gran sé”
“Bevilo bianco bevilo nero bevilo pure come vuoi tu”
“Cos’è sto vino così giallino, sarà l’avanzo di ieri ser”
Ma un bambino di pochi mesi
sta nella culla e vuole parlar
“O caro padre non ber quel vino
Donna Lombarda l’avvelenò”
“Bevilo tu o Donna Lombarda tu lo berrai e poi morirai”
“E per amore del Re di Spagna io lo berrò e poi morirò”
La prima goccia che lei beveva
lei malediva il suo bambin
Seconda goccia che lei beveva lei malediva il suo marì

Donna Lombarda: versioni Centro-Italia

Angelo Branduardi & Scintille di musica (area mantovana). La versione di Branduardi è molto ridotta rispetto alla registrazione di Bruno Pianta raccolta da Andreina Fortunati di Villa Garibaldi (MN), 1975 (per la versione estesa qui) Il canto è accompagnato dalla ghironda, un tipico strumento popolare venuto dal Medioevo


Donna lombarda, donna lombarda,
Ameme mì.
Cos volt che t’ama che ci ho il marito
Che lu ‘l mi vuol ben.
Vuoi vhe t’insegna a farlo morire
T’insegnerò mi.
Va co’ dell’orto del tuo buon padre
Là c’è un serpentin.
Vien cà il marito tutto assetato
Và a trar quel vin(1).
Ed un bambino di pochi anni
Lu l’ha palesà.
O caro padre non bere quel vino
Che l’è avvelenà.
Donna lombarda, bevi quel vino,
che l’è avvelenà. (2)
Traduzione italiana
“Donna lombarda,
amate me”
“Cosa vuoi che t’ami, che ho il marito
che mi vuole bene?”
“Vuoi che ti insegni a ucciderlo?
Ti insegnerò io a ucciderlo.
Vai in fondo all’orto del tuo buon padre,
là c’è un serpentello.”
Viene a casa il marito tutto assetato,
va a prendere del vino.
Ma un bambino di pochi anni
l’ha rivelato (il piano).
“O caro padre, non bere quel vino
che è avvelenato.”
“Donna lombarda, bevete quel vino,
che è avvelenato.”

NOTE
1) Branduardi salta la parte dove la donna pesta la testa del serpentello e la mette nella bottiglia dal vino più buono, come pure il fatto che il marito nota come il vino sia più torbido
2) il finale che è stato “tagliato” da Branduardi dice:


“Sol per amore del re di Francia,
sol per amore, del re di Francia io lo beverò
e poi morirò.”
Ogni goccino che lei beveva,
ogni goccino,che lei beveva: ”addio marì,
ciao marì”.
La s’intendeva da farla agli altri
la s’intendeva, da farla agli altri
la s’ l’è fata a le’
la s’ l’è fata a le’.
traduzione italiana
“Lo berrò solo per amore del re di Francia,
Lo berrò solo per amore del re di Francia,
e poi morirò.”
Ogni goccino che beveva
ogni goccino che beveva:”addio, marito.
Ciao marito.”
Credeva proprio di farla agli altri
credeva proprio di farla agli altri
ma se l’è fatta a sé stessa
ma se l’è fatta a sé stessa
Caterina Bueno (area pistoiese-maremmana)
Riccardo Tesi & Maurizio Geri

La versione è stata raccolta nel 1979 da Franco Pacini nel pistoiese (dalla voce di Regina Innocenti) e venne proposta da Caterina Bueno, che all’epoca continuava a scoprire e a coltivare giovani musicisti di formazione sia popolare che classica.

Franco Pacini

– Donna lombarda, perché non m’ami?
Donna lombarda, perché non m’ami? –
– Perché ho marì. Perché ho marì. –
– Se ciài il marito, fallo morire,
se ciài il marito, fallo morire,
t’insegnerò; t’insegnerò:
Laggiù nell’orto del signor padre,
Laggiù nell’orto del signor padre
che c’è un serpèn che c’è un serpèn
Piglia la testa di quel serpente,
piglia la testa di quel serpente,
pestàla ben, pestàla ben.
Quando l’avrai bell’e pestata,
quando l’avrai bell’e pestata,
dagliela a be’, dagliela a be’
Torna il marito tutto assetato,
torna il marito tutto assetato:
chiede da be’, chiede da be’.
– Marito mio, di quale vuoi?
Marito mio, di quale vuoi?
Del bianco o il ne’? Del bianco o il ne’? –
– Donna lombarda, darmelo bianco.
Donna lombarda, darmelo bianco:
ché leva la se’ ché leva la se’.
Donna lombarda, che ha questo vino?
Donna lombarda, che ha questo vino
Che l’è intorbé, Che l’è intorbé?
– Saranno i troni dell’altra notte,
saranno i troni dell’altra notte,
che l’ha intorbé che l’ha intorbé
S’alza un bambino di pochi mesi,
s’alza un bambino di pochi mesi:
– Babbo non lo be’ che c’è il velen
– Donna lombarda, se c’è il veleno,
Donna lombarda, se c’è il veleno,
lo devi be’ te, lo devi ber te’.

FONTI
https://homepage.univie.ac.at/helmut.satzinger/Wurzelverzeichnis/donnalomb.html
http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=en&id=42932
http://goccedinote.blogspot.it/2012/05/donna-lombarda-testo-commento-e-video.html
http://www.aess.regione.lombardia.it/percorsi/ canto_narrativo/canti/donna_lombarda/home.htm
http://www.canzonierescout.it/g34.pdf
http://www.umbc.edu/eol/magrini/mag-mus2.html
http://www.webalice.it/macchiavelli/da_xoom/ donna_lombarda_malcapi_TTBB.pdf
http://www.jstor.org/discover/10.2307/739356?uid=3738296&uid=2129&uid=2&uid=70&uid=4&sid=21103845500141
http://media.smithsonianfolkways.org/liner_notes/folkways/FW04482.pdf

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Cattia Salto

Amministratore e folklorista di Terre Celtiche Blog. Ha iniziato a divulgare i suoi studi e ricerche sulla musica, le danze e le tradizioni d'Europa nel web, dapprima in maniera sporadica e poi sempre più sistematicamente sul finire del anni 90

2 Risposte a “Donna lombarda: una murder ballad piemontese”

  1. Il primo che riconosce Rosmunda, Regina dei Longobardi, come la «Dona Lombarda» è stato nel 1856, Cesare Correnti, all’interno della strenna milanese «Nipote del Vesta Verde» quando scrive: «Come non fremere alla funerea melodia della romanza di «Dona Lombarda» e che è quasi un languido ricordo della terribile Rosmunda?»

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.